Siamo abbastanza abituati ormai a sentire parlare di dieta mediterranea negli ultimi anni. Su questo argomento sono stati condotti diversi studi comparativi negli ultimi decenni, a partire da quello di Ancel Keys denominato “Seven Countries Study, uno studio epidemiologico in diversi aree del pianeta.

In tutti i casi, a partire da questo pionieristico studio sulle abitudini alimentari e l’incidenza di varie patologie, sono stati evidenziati i benefici della dieta a base di frutta e verdura, pesce azzurro, pane pasta, olio extravergine d’oliva e un consumo moderato di carni rosse.

Quello che non è stato considerato con la giusta attenzione fino ad adesso è l’importanza degli aspetti sociali, di convivialità legati all’alimentazione tipica della dieta mediterranea.

Risultati che riguardano appunto questi aspetti del consumo alimentare delle nostre parti, emergono da un recentissimo studio del MedEatResearch, un centro di ricerca sociale dell’Università Suor Orsola Benincasa che si focalizza sulla dieta mediterranea.

A partire dal 2012 questo studio ha messo in relazione la longevità tipica delle popolazioni del Cilento con i loro usi e costumi, in altre parole con la loro cultura locale.

I risultati mostrano che da quelle parti si vive più a lungo e in salute che nel resto d’Italia anche a prescindere dalle condizioni economiche.

E’ evidente quindi che la dieta mediterranea non è solo cibo sano e genuino, nelle combinazioni che ben conosciamo. Di questa formula della longevità fanno parte anche aria buona, movimento fisico e la convivialità dei pasti, a cui è necessario dedicare il giusto tempo.

Si tratta dunque di un ecosistema in cui gli aspetti comportamentali della popolazione non possono essere disgiunti dalle caratteristiche degli alimenti consumati. In sintesi, la dieta mediterranea è legata a uno stile di vita che riguarda anche il buon vivere e la condivisione, che fanno del mangiare non solo una questione di tabelle nutrizionali ma anche e soprattutto di ritmi più umani e sani.